Ho
trascorso quasi un mese nell’ apatia, a lasciarmi travolgere dal dolore e dal
senso di sconfitta che stanno inondando strade, fiumi, terre, nubi, persone, case,
cose. Tutto. Ho abbandonato corpo e mente al ritmo della disperazione che ci
circonda chiudendo gli occhi per non vedere il buio.
Ma, dopo
troppi giorni vissuti come notti, il bisogno di vivere ha preso con prepotenza
il sopravvento e gli occhi del Signor T. hanno risvegliato un’urgenza di
ossigeno che sembrava sparire lentamente.
E così,
guardando il ricordo dei suoi occhi, ho ritrovato il bisogno di cose belle che
restituiscono vita e ho capito di dover restituire un sorriso per suggerne l’energia.
È beffarda
la vita, si sa. Ma è pure disponibile e cordiale quando è giusto esserlo. Così oggi,
mentre smontavo una scatola nel magazzino del negozio in cui lavoro, con
rinnovata sorpresa, la vita mi ha bussato alla mia porta.
Una rapida sequenza di
singhiozzi sordi e soffocati ha interrotto il frastuono del cartone spezzato e,
inevitabilmente, attirato la mia attenzione.
Che sorpresa trovare Madame M. nascosta
in un angolo ad asciugar via le lacrime e l’umiliazione dal suo viso sempre
sorridente e luminoso!
LA STORIA
DI MADAME M.
Madame M.
lavora nel negozio in cui anche io mi procaccio lo stipendio, ma lei svolge una
mansione molto più importante, faticosa e “invisibile” della mia. Madame M. si
occupa delle pulizie. Ogni giorno, mattina e sera, garantisce al pubblico e a
noi lavoratori igiene, brillantezza e sorrisi a profusione. Sinceramente non credevo
che Madame M. potesse piangere. Pensavo che proprio non fosse dotata di
ghiandole lacrimogene e che il suo sorriso fosse una parte del corpo. Come
dire, noi umani abbiamo due braccia, due gambe, una bocca e così via; Madame
M., invece, ha due braccia, due gambe, un sorriso e tutto il resto. Eppure la
cattiveria e la stupidità umane hanno ancora una volta smontato le mie stupide
certezze.
Insisto e
insisto finché, con l’orgoglio ferito tra le mani, accartocciato affianco al
fazzoletto, Madame M. sfoga la sua rabbia.
“Stavo lavando
i servizi e il pavimento era bagnato: come faccio sempre, ho aspettato che
asciugasse impedendo ai clienti di entrare ché poi, se scivolano, si fanno male
e finiamo tutti nei guai! Arriva una signora e mi grida addosso:- Io devo
andare in bagno! Ma le pare il modo di lavorare? Lavare i bagni quando ci sono
clienti in negozio??? E io cosa faccio adesso? Me la faccio addosso?!? Che
vergogna…-.
E io piango
non perché mi ha umiliata, no! Io stavo solo facendo il mio lavoro e non mi vergogno
affatto di lavare i cessi per guadagnarmi da vivere! Piango perché sono
arrabbiata. Non ho potuto rispondere, io, mentre quella maleducata mi offendeva
davanti a tanta altra gente! Stavo lavorando, io, e, quando ho questo grembiule
addosso, ai clienti non posso dire niente. Ma se mi avesse trattata in quel
modo fuori di qua…ah! Gliene avrei dette quattro, sai?!”
Sono
sbalordita.
Non fosse che conosco Madame M. da anni e so che persona limpida
sia, stenterei a credere alla sua storia. Ma Madame M. dice sempre quello che
pensa e non mente perché sa di non averne bisogno. L’ho sempre stimata per
questo.
E ora? Che
faccio? Cercare disperatamente quella donna e dirgliene quattro sarebbe oltre
che impossibile, profondamente sbagliato e umilierei ulteriormente Madame M.,
ma non posso lasciar scivolare questa faccenda nel silenzio e nell’ indifferenza.
Io ora so che è successo, ecchecavolo!
Abbraccio
Madame M. (perché le voglio bene e perché non riesco a non farlo) e le consegno
la mia spalla perché ci pianga ancora un po’ su.
Torno a
lavorare e mi sudano le mani. Mi incammino verso casa e una morsa mi stritola
la bocca dello stomaco. Proprio lì la cena si appoggia e giace indisturbata. No,
decisamente in queste condizioni non si può andare a dormire.
Devo fare
qualcosa.
Creo un
indirizzo di posta sotto falso nome (si chiamano “bugie bianche”, dalle
mie parti), divento una signora sulla sessantina e invio al direttore del negozio una lunga mail.
Buona sera,
oggi ho assistito a una scena molto
infelice nel vostro negozio. Sono un’assidua cliente del negozio, ne apprezzo i
commessi cordiali e preparati. Trovo che sia un posto raro, accogliente e molto
piacevole. Per questo scelgo di frequentarlo spesso e per i miei acquisti non
ho mai avuto dubbi: è il posto giusto. Quale destinazione migliore, pertanto,
per l’acquisto dei doni per i miei nipoti? Tra un reparto e l’altro mi reco ai servizi.
Ecco un altro vantaggio: avete i servizi igienici a portata di mano. Approssimandomi verso la
toilette assisto all’ infelice scena di una donna che, adirata e stizzita,
offende in malo modo l’inserviente che si occupa delle pulizie. I bagni sono
chiusi perché i pavimenti sono appena stati puliti e dunque bagnati. La
maleducata cliente non accetta di non potervi accedere.
Vi scrivo, gentili signori, perché
l’inserviente è stata in malo modo offesa e umiliata mentre svolgeva le sue
mansioni, rispettando le norme di sicurezza (lasciando libero accesso ai
servizi, qualcuno sarebbe potuto scivolare), igieniche (avrebbe forse fatto
meglio a non pulire i servizi e lasciarli sozzi, ma accessibili?) e neppure ha
risposto come l’interlocutrice avrebbe meritato. Vi chiedo, se
possibile, di ringraziare la signora che si occupa delle pulizie a nome dei
vostri clienti: grazie a lei e al suo onesto e pregevole lavoro, possiamo usufruire
di un servizio igienico per lo più pulito (quando non lo è, la colpa è da
imputarsi a sozzi individui irrispettosi come purtroppo ce ne sono tanti) e di
uno spazio pubblico ampio, accogliente, ma sempre pulito come questo negozio.
Augurandomi che questa mia
segnalazione possa essere letta e riportati i miei ringraziamenti alla signora
che si occupa delle pulizie, ringrazio del servizio e auguro a tutti i commessi
buon lavoro.
So che il
direttore leggerà la mia mail, ne ha l'obbligo. Questo è quel che conta: lui
deve sapere anche se Madame M. non gli racconterà mai l’accaduto. E forse da
domani la guarderà con ancor più rispetto. Perché ora sa che dignità e orgoglio
fanno di lei molto più che un’ottima professionista: ne fanno una donna
straordinaria.
E noi dobbiamo essere onorati di lavorare al suo fianco.
Ora sì, posso andare a dormire.